Nelle fotografie di Daniel von Johnston: una parete di corpi morti.
Il vento, incanalato tra le gole e le vallate, – racconta Daniel – accelerava sempre più. Ricordo che gli alberi sembravano a terra come tessere del domino, riportando l’andamento sinuoso delle raffiche lungo i pendii.
Io colgo in queste immagini la bellezza dell’inevitabilità, l’impotenza di fronte alla natura, sulla quale abbiamo troppo spesso la presunzione di vincere.
Ma quando la natura vince sulla natura stessa, l’unica consolazione resta nella rinascita, anzi, spesso, dal punto di vista dell’essere umano, nella ricostruzione perché tutto torni come prima.
Franco Arminio consiglia di prendere un angolo del proprio paese e di farlo sacro: vai a fargli visita prima di partire | e quando torni.
Così Daniel rende immagine la sacralità di questo luogo, siamo natura, viviamo grazie ad essa.
Infatti queste fotografie sono parte di un lavoro ancora in corso che von Johnston sta sviluppando intorno alla Tempesta di Vaia, invitando il fruitore a riflettere sul processo di distruzione, attesa e rinascita, che costituiscono i tre atti del progetto.